Leggende sul diavolo
Riportiamo una leggenda che ha per protagonista il diavolo e San Martino. In questa leggenda, come in quasi tutte le narrazioni di questo tipo raccolte sull’altopiano, il movente che spinge il protagonista a firmare il patto col diavolo è la “fame nera” e “la disperazione”. L’estrema povertà – in cui versava un tempo la gran parte della società rurale – ammonisce il racconto, può spingere le anime più deboli, quelle che non confidano pienamente in Cristo e nei santi, o che non ricevono l’aiuto richiesto, a rivolgersi al diavolo per “disperazione”, ossia, secondo il significato del termine, perché non si ha speranza, o non si spera più. E il diavolo, sempre in agguato, interviene prontamente. Più prontamente di Dio e dei santi, si sarebbe tentati di concludere, concedendo al povero padre di famiglia, in cambio della sua anima, pane e denaro per moglie e figli. In tutta questa penosa vicenda Dio non è neppure nominato: in apparenza è assente, spietatamente indifferente. Giunto il tempo in cui il diavolo viene a richiedere l’anima secondo il patto, tuttavia, l’insonne misericordia di Dio interviene inviando in aiuto del povero incauto un santo potente, il guerriero Martino. Questi ha ben altri mezzi per lottare contro il diavolo, spezzare il patto e restituire a Dio l’anima che il sangue del Figlio ha salvato. Il santo arriva nelle sembianze di povero viandante affamato: chiede un piatto di minestra e il ricco, un tempo anch’egli povero e affamato, sebbene attanagliato dalla disperazione per la morte imminente e per il baratro infernale che gli si spalanca sotto i piedi, gliela concede di cuore. L’atto di bontà ha il sopravvento sul male. La tragedia si conclude a lieto fine: il santo guerriero non usa né lancia né spada, bastona il diavolo con un umile strumento da cucina: “lu stennrellu” di legno di faggio con il quale le donne stendono la pasta. Vita contro morte. Il modesto benessere guadagnato con il sudore della fronte contro la desolazione dell’errore e della pena eterna. Il calore buono del focolare contro le fiamme dell’inferno. La povertà è cattiva consigliera: Dio lo sa, per questo assolve il peccato di disperazione del povero e, salvandolo, gli dimostra il suo amore. Narrazione esemplare, dunque, che acquisisce pieno significato solo se riportata al clima in cui la leggenda si formò: quello di una società povera ed emarginata, esposta all’arbitrio della natura e al sopruso dei ricchi (Villa Pulcini, inf.1):
Allora, c’era un signore che era in piena povertà, nera proprio, era alla fame nera e, dalla disperazione, una notte se vende l’anima al diavolo. Allora venne a patti col diavolo e ( il diavolo) gli disse: <<guarda, io te faccio vivere trent’anni, in questi trent’anni sarai pieno di ogni ricchezza, di ogni cosa, però da qui a trent’anni, quando muori, l’anima me la prendo io>> Questo gli dice: <<va bene, va bene, non ti preoccupàre>> e rimasero d’accordo così. Ormai era alla disperazione pér la fame sua e di tutta la famiglia . Aveva i figli che oramai se stavano facendo grandi. Arriva a casa e trova, davanti alla porta, ‘una valigia piena di soldi. Prende ‘questa valigia,e il giorno dopo si compra ‘una tenuta, ma ‘una tenuta!.... poi Cominciò a compràre cavalli, vacche, pecore…. I figli,e la moglie: <<gli dicono, ma come hai fatto, dove ai preso tutti questi soldi ...?>> Ma lui disse‘non vi preoccupate, ‘non vi preoccupate, ci penso io>>. Poi comprata ‘un altra tenuta che gli confinava, avevano fatto ‘un castello, proprio ‘una meraviglia. "
“Adesso i figli s’erano fatti grandi, avevano preso moglie , s’erano sposati altre ragazze ricche (…)’eintanto erano passati pure gli anni, passavano gli anni e questo adesso cominciava proprio a diventàre malinconico perché cominciavano a scadere’ li trent’anni e sapeva che gli si doveva prendere l’anima il diavolo. Allora, tante volte, i figli <<A papà, ma ‘invece d’essere tutto contento, guarda quanto benessere (…) ‘non ti ricordi la fame che abbiamo patito ? Dice, io te vedo sempre triste ,ma lui <<Eh, dice, figlio mio (…) non sono triste>> dice. , eh, cercava a tranquillizzàre i figli però lui era triste, triste.”
Passa ancora ‘il tempo (…) e era arrivato il giorno che a mezzanotte lui doveva morì. Era disperato nero (…) proprio non’ ne poteva più! La sera faceva veramente un tempaccio: l’acqua, ‘il vento, i tuoni… E capita ‘un vecchietto ch’andava accattando, andava a’ elemosinare . Dice: <<Buonasera, signòre, posso entràre? ‘per un piatto di minestra…>> Dice: <<Entra, entra, mèttiti a sedere>> Adesso gli altri stavano tutti tranquilli, ‘in festa mentre (…) il padrone, si era rintanato in un cantuccio tutto triste.”
“ E questo gli dice <<Ma perché non mangi con gli altri?>> <<Ma io, gli dice, me sa meglio starmene’ qui a mangiarme ‘un piatto de minestra da solo, dice, sapessi che tristezza ’ho nell’anima!>> <<Ma perché, che t’è successo? Vedo tanto benessere…>> <<Lo so, ma tu non sai’ la storia mia com’è andata.>> <<E com’è andata?>> <<Eh, com’è andata!>> E questo racconta tutto…>> <<Eh bè, dice, beh mo non te disperà: se posso ti aiuto io>> <<Come fai chè quello è ‘il diavolo?>> <<Eh, beh, cercherò ‘in qualche modo di fare …>>"
“Quando che comincia ad arrivàre mezzanotte, ecco da la montagna viene’ giù (…) fuòco , fulmini, e saette, eh!... Se fermavano davanti a la porta perché questo era San Martino, questo vecchio: gli faceva tutti segni de la croce e ‘il diavolo non poteva entrà. Mo, San Martino, s’aveva preso su le mani lu stennarellu ( il matterello da cucina ) che la moglie de questo ce preparava li tajulini( un tipo di pasta che si usava preparare un tempo) . Mo ‘il diavolo pur d’entràre va su un boschetto , sradica ‘ un querciuolo e va giù e entra a parte indietro pèr non vedè le croci che gli faceva San Martino. Quando che questo entrava a parte indietro, San Martino ‘gli bastono con’ lu stennerellu!... la testa , Questo invece la querciuola che’avea portato non’ la poteva maneggiare’ tanto facilmente perché gli ‘impicciava da tutte le parti e San Martino co’ lu stennerellu gli torturava la’ ‘testa! Durante lì quelle’ore A la fine se stufò e se n’è andatò. ‘iL diavolo se n’è ando e San Martino ha liberato l’anima di quel poveretto. <<Gesù, dice, ‘il Padre Eterno, mi’ha mandato qui (…) tu da la disperazione, si, hai fatto [il patto col diavolo] però ‘in fondo alla tua vita sei stato ‘una brava persona e hai fatto del bene a tant’altra gente, sei stato generoso con’ i poveri e allora, dice, ‘il Padreterno m’ha mandato a sarvatte l’anima dal demonio>>”.
(www.villapulcini.it sito dove ho preso il racconto )